Vetro(epi)fanie
Quando ho deciso di aprire questo blog mi sono ripromesso di non parlare di cose che mi succedono, di mie esperienze, di cosa penso del mondo, delle mie indignazioni, delle mie speranze, dei miei segreti, insomma di tutto ciò che i migliori psicanalisti di scuola junghiana indicano col termine cazzi mia.
Peccarità, non c'è nulla di personale, non potrei mai avere qualcosa contro chi non ha di meglio da fare che leggere queste righe. E' solo che, vivaddio (ma abbasso la madonna), ho scelto di parlare seNpre e solo di Arte nelle sue varie forme: musica, cinema, comicità, letteratura, cabaret, fisting, facial, pregnant, volauvent etc.
Peccarità, non c'è nulla di personale, non potrei mai avere qualcosa contro chi non ha di meglio da fare che leggere queste righe. E' solo che, vivaddio (ma abbasso la madonna), ho scelto di parlare seNpre e solo di Arte nelle sue varie forme: musica, cinema, comicità, letteratura, cabaret, fisting, facial, pregnant, volauvent etc.
In quest'ottica non ho quindi avuto un attimo di esitazione a catturare il riflesso (sul parabrezza) dell'Arte laddove senza preavviso alcuno mi si è palesata (nel parcheggio dell'Esselunga), ad immortalarla chino in raccoglimento (di nascosto dal guardio giurato) e a condividerla proprio con Te(stadiminchia), O lettore (spero lettrice).
Ma ti dirò di più.
Andando appena oltre la pura beltade estetica dell'Arte, ho apprezzato il coraggio di chi non si conforma anche se così rischia di venire isolato dal branco, di chi ha il coraggio di portare la sua bandiera anche se ne garriscono di più sgargianti, di chi pensa sia meglio essere solo ma convinto che essere solo uno dei tanti pecoroni.
Però mi sono chiesto: e se così facendo non arrivano le grazie?
Prego.
Non c'è di che.